«Il senso profondo di questo lavoro: un viaggio nel mediterraneo, fatto di approdi e partenze, con a bordo montagne di Sale per conservare cibo e sogni in un enorme orcio di rame. Dentro quell’anfora si nascondono piccoli segreti e parte di questi ho voluto condividerli con voi. Buon ascolto!».
Con queste parole si chiude il libretto che Paolo Angeli ha scritto per raccontare alcune idee e momenti del processo creativo del suo ultimo CD “Sale Quanto Basta” (ReR 2013).
Chi conosce la traiettoria artistica di Paolo sicuramente avrà trovato una conferma alle proprie aspettative. Un CD in cui si ritrovano le principali caratteristiche della sua musica: brani strumentali che sviluppano melodie appassionanti e furiose improvvisazioni, dissonanze e sorprese sonore, interpretate con la sua chitarra sarda preparata.
È la continuità di un viaggio in un universo sonoro amplio e in continua espansione. Poche sono le barriere che si è posto e che ha incontrato nel suo percorso musicale. Un cammino in cui spiccano gli innamoramenti più diversi: i suoi maestri riconosciuti Fred Frith e Giovanni Scanu, la musica tradizionale della Sardegna, Björk, Pat Metheny, il flamenco. Una diversità che si estende anche alla sua attività musicale non solo come solista o in collaborazione con riconosciuti musicisti di fama internazionale, ma anche in progetti “minori” che coinvolgono la Piccola Orchestra Gagarin, Takumi Fukushima, Amanda Jane, Tal Ben Ari, la Banda Roncati e le gare di canto a ghiterra.
Questo universo multiforme si trova riassunto e condensato nei 58’23” di suggestioni sonore presenti nel nuovo CD. Continua Paolo: «Sale Quanto Basta rispecchia la tensione tra un desiderio di semplificazione, volontà di ritornare allo strumento madre e incapacità di rinunciare alla tavolozza timbrica offerta dalla mia chitarra orchestra. Quest’ultimo lavoro è stato influenzato notevolmente dalla componente multietnica di Barcellona, città in cui vivo da sette anni, e per comprenderlo appieno è necessario raccontare qualcosa delle mie giornate in questa meravigliosa città».
Musica e quotidianità, non c’è separazione. È un’unità che coinvolge appieno la vita di Paolo. Non è la semplice “vita da artista” che tanti anelano senza poter raggiungere mai, e che non si può neppure ridurre al semplice fatto di passare ore e ore suonando il proprio strumento. Forse, si potrebbe dire che è il suo stato naturale, una capacità di intendere la quotidianità. Nel libretto ne appaiono frammenti: il suono e il profumo del mare, corse e nuotate, gli incontri con i venditori ambulanti alla Sciumara, la raccolta dei funghi porcini, la fascetta da elettricista. È la sensibilità di percepire nell’intorno quei piccoli momenti piacevoli che si presentano in tutte le situazioni, indipendentemente dal trovarsi nella Gallura o in una metropoli –sempre più anonima- come Barcellona. «Immagino le onde infrangersi sulle murate, la semplice ripetizione delle nostre giornate, la miriade di dettagli che si perdono nella ciclicità dei nostri movimenti. Ma è da questa apparente semplicità che si sprigiona la ricchezza del vivere con dinamica un pugno di accordi».
A fianco dell’atteggiamento estetico e musicale verso la quotidianità si riconoscono anche incomprensioni, difficoltà e discussioni. Appaiono brevi riflessioni sulla vita, sulle situazioni che ogni giorno richiedono una risposta a partire da quello che siamo e che stiamo facendo. Paolo non vive in un mondo isolato ma permeabile all’impatto sociale, e quindi alla storia, soprattutto recente. «L’idea era ripercorrere il ruolo che, durante i secoli, la Sardegna ha avuto nel cuore del mediterraneo e rivivere la storia delle colonizzazioni che si sono avvicendate nell’isola. Collego questo brano a navi che bruciano, porti assaltati, saccheggi e cenere». Così, anche i cambiamenti sociali e politici che hanno interessato la sponda meridionale del mediterraneo negli ultimi anni si affacciano in questa musica. Suoni che ricordano l’ud, il canto a ghiterra, le influenze dell’Africa nera e, ovviamente, il flamenco. Qui, come afferma Iain Chambers, «i suoni ci attirano verso ciò che sopravvive e persiste come risorsa culturale e storica capace di resistere, turbare, interrogare e scardinare la presunta unità del presente» (Mediterraneo Blues, 2012).
«Sotto il sole primaverile di mezzogiorno, la mia corsa finiva sempre sul molo frangiflutti del porto olimpico. Davo le spalle alla città, chiudevo gli occhi, ascoltavo il suono e il profumo del mare. Il mio sguardo era rivolto alle navi da carico in arrivo, alle barche a vela, alle lotte dei gabbiani con le onde e all’altra sponda del mediterraneo: la Sardegna».
È il mare, con cui Paolo ha un rapporto viscerale, il veicolo che canalizza suoni e pensieri. Le visioni ovattate del mondo subacqueo sfumano i contorni, in una prospettiva in cui si mescolano realtà e sogno. Ovviamente, il mediterraneo non è uno spazio che tutti percepiscono e vivono allo stesso modo. È quello che ognuno sente, esprime, immagina, desidera. Come la musica: un ritratto di qualcuno o qualcosa, una volontà di esprimere idee o esperienze. Unire e mescolare elementi sonori e dell’esperienza vissuta è la finalità di questo CD. Con questi brani Paolo presenta non solo una visione personale del mediterraneo ma il suo modo di vivere in questo spazio.
Qui, il mediterraneo non è una operazione di cosmetica musicale. Non c’è world music o nuovo folk. No, non è questo il suo mondo. Nonostante il suo background “tradizionale” -molto forte con il canto a guiterra e la musica sarda in generale- le molteplici influenze sono assimilate e restituite in un linguaggio attuale e personale. Una musica che è in continuo movimento, e che attraverso i gesti e la tecnica si adatta continuamente a nuove idee, spunti e influenze da una miriade di fonti e suggerimenti sparsi. Non è neppure un semplice patchwork di musica mediterranea. È un lavoro che cerca di comunicare una specie di essenza personale ed individuale di ciò che si sente, si vive e si respira nel mediterraneo. In un certo senso, è una realtà assimilabile all’idea di “open textures” che riassume Goffredo Plastino nel suo contributo al volume “The mediterranean in music” (Cooper & Dawe (eds.), 2005).
Il libretto che accompagna il CD aiuta molto nello sforzo di rivelare sé stessi al lettore. Le interessanti informazioni tecniche descritte -la forma dei brani, l’uso di microfoni ed effetti, etc.- sono un notevole aiuto alla comprensione degli aspetti interpretativi, ma non si possono separare dall’insieme vitale a cui si associano. Un insieme che è una fonte importantissima per approfondire nel processo creativo e nei significati che avvolgono la musica di Paolo Angeli. Quei significati, quei “perchè” a cui dovrebbe fare più attenzione la musicologia per cercare di capire cosa unisce i suoni con le idee ed i motivi espressivi ed artistici di un musicista. Curiosamente, è proprio quello che si fa meno, forse perchè non interessa -o non si sa- scoprire queste relazioni. È molto più facile parlare di forme ed elementi tecnici che di aspetti evanescenti e sfuggenti come questi.
Forse, Sale Quanto Basta può aiutare in questo sforzo.
Paolo Angeli live in Agrigento (Italy) 17/07/2012.
Gianni Ginesi
Barcelona, 12/05/2013
2 comentarios sobre “Il mare salta troppe nuvole. Paolo Angeli e il mediterraneo.”